Uno per uno è un oggetto letterario
insolito: a tratti molto buono, a tratti invece non compiuto. Il titolo
parrebbe una contrazione egoistica del motto “Uno per tutti, tutti per uno”,
del quale si salvino soltanto gli estremi. È questa la chiave d’accesso al
libro, nato dalla giustapposizione di più storie narrate in prima persona, come
una lunga confessione corale: Glauco, Maura, Davide, Maddalena, Martino,
Vittorio, Esra, Simone… A riunire le loro voci un escamotage ben noto alla novellistica medievale, una cornice,
espediente che in questo caso non riesce però a traghettare la misura breve del
capitolo nella misura lunga del romanzo, portando in luce la sua natura ibrida,
irrisolta, di una torta non cotta a puntino.
Memore del
crocevia di destini che fu Casablanca, Soldini porta in Marocco, a Essaouira, i
protagonisti del suo libro, ciascuno con la sua parte di sconfitte e
disillusioni. Sulla costa africana si incrociano così i desideri della donna di
origini meridionali tormentata da problemi di peso, dell’architetto senza
lavoro ma con troppi soldi, della ragazza affascinata dalle spiritualità
orientali e della giovane turca con un passato terribile di prostituzione e
violenza.
L’intenzione
dell’autore, dichiarata nella quarta di copertina, era «toccare i nervi
scoperti di tutta una generazione» – la sua (la nostra), di chi,
indipendentemente dalla provenienza, è cresciuto nella prospera Svizzera degli
anni 80 e 90. Letto il libro, questo non può evitare di mostrare purtroppo ciò
che più lo caratterizza in negativo: un deficit
di speranza e un eccesso di stereotipo. Il dubbio insomma è che una carrellata
di casi-limite non sia il modo più indicato per descrivere la crisi di una
generazione, tanto quanto le notizie estreme che leggiamo ogni giorno sui giornali
finiscono per mancare il bersaglio di una realtà insieme più tragica e più
bella (attraente nel senso pieno del termine), cosa a cui la letteratura ha
sempre guardato con interesse e a cui guarderà sempre.
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