mercoledì 16 febbraio 2011

Seamus Heaney - "District e Circle" (Mondadori)

I paesi che si riconoscono nella letteratura di lingua inglese hanno assistito negli ultimi decenni ad un’evidente spartizione di ruoli: all’America il romanzo (con significative eccezioni: Ian McEwan, Amitav Gosh), la poesia al resto dell’impero, soprattutto nelle pendici più estreme. Dall’isola caraibica di St. Lucia (Derek Walcott) al Queensland australiano di Les Murray, fino alla campagna nordirlandese di Seamus Heaney, il poeta più noto e venduto al mondo, raro caso di Nobel più che meritato (anche Walcott l’ha avuto, e Murray?). In traduzione italiana Heaney si legge nella collezione “Lo Specchio” di Mondadori, che ha recentemente pubblicato la sua penultima raccolta, District e Circle, a cura di Luca Guerneri.

Una cosa stupisce sempre nella poesia di Heaney (si pensi anche al precedente Electric light): la totale libertà di scelta degli argomenti, così che la dimensione personale, minima, interiore, prevale sempre sul resto, diventando per questo, quanto più nasce privata, un vero messaggio universale; una poesia, si potrebbe dire, in assenza del lettore, perché il poeta è tanto libero e sicuro di sé da accogliere sulla pagina tutto ciò che vuole, senza limiti di stile o di genere, quasi senza pudore. Heaney, oggi 71enne, già detentore della cattedra di poesia ad Oxford e Harvard, se lo può senz’altro permettere, ma il bello è che lo ha sempre fatto, ed è questa la sua forza. Commuovono in District e Circle le poesie per gli amici scomparsi, per poeti del passato come Seferis (pp. 47-49), Ted Hughes (p. 99) o Czeslaw Milosz (p. 101) affiancati ad uno sconosciuto reduce noto solo all’autore (A Mick Joyce in cielo, pp. 19-25). La realtà trova spazio sulla pagina soltanto dopo essere diventata materia epica (Anything can happen, pp. 30-31), perché quel che conta è l’elevazione (stilistica, religiosa) che questa comporta: non il dato sensibile o il dettaglio in sé considerato, bensì l’occhio di chi vede, lo sguardo amorevole e responsabilizzante dello scrittore.



                                         POPPA

                                                                     in memoria di Ted Hughes

                                                   «E come fu» gli chiesi 
                                                   «incontrare Eliot?»
                                                                                 «Quando ti guardava»
                                                   rispose «era come stare sul molo
                                                   e osservare la prua del Queen Mary
                                                   venirti incontro, molto lentamente».

                                                                                  Ora mi sembra
                                                   di essere io in piedi sul pontile a osservare
                                                   lui che osserva me mentre rema verso il largo
                                                   e una poppa verticale di legno
                                                   arranca e brilla e beccheggia
                                                   senza quasi abbrivio.




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