mercoledì 26 gennaio 2011

Dalla parte dell'editor (Carver, Einaudi, minimum fax)

Raymond Carver (1938-1988)
L’elezione di Raymond Carver ad autore-faro di Einaudi ha avuto come effetto la riapertura dell’affaireGordon Lish”. La storia è nota: editor stimatissimo e amico sincero dell’autore, Lish operò correzioni in misura massiccia prima che Carver diventasse uno dei più grandi scrittori di racconti del Novecento, appena una spanna dietro Hemingway e Flannery O’Connor.
Provate ad immaginare Di cosa parliamo quando parliamo d’amore (nel senso della raccolta) senza Di cosa parliamo quando parliamo d’amore (nel senso del titolo: l’originale era Principianti) e avrete un’idea della portata degli interventi di Lish. Provate invece a rileggere un capolavoro come Una cosa piccola ma buona (nel senso del racconto di 34 pagine) prima che intervenisse lo scempio de Il bagno (la nuova versione, ridotta del 78 % e decurtata di un commovente finale) e saranno palesi tutte le responsabilità di un troppo severo censore. Ma quand’anche gli interventi di Lish dovessero rivelarsi più “sbagliati” che “giusti”, non sarebbe corretto puntare il dito contro una categoria che ha fatto la fortuna di molti scrittori. Mettendoli per la prima volta di fronte a loro stessi, presentandosi con il dattiloscritto segnato di penna rossa pronti a discutere ogni minima parola prima di dare il via alle rotative. Gli editors sono i più importanti interlocutori di chi scrive per mestiere, di più, sono un antidoto al narcisismo, gli autentici garanti dei diritti dei lettori, il primo decisivo passo verso l’esportazione della democrazia nella turris eburnea degli scrittori di grido.
Gordon Lish era un grande editor che in alcuni casi prese, lo si ammetterà senza problemi, qualche evidente cantonata. Ma fece anche del bene all’amico Raymond. Perché il vero Carver, semplicemente, non esiste: veleggia tra l’edizione Einaudi e quella minimum fax e ogni lettore ha il diritto di costruirselo come più gli piace. Prendendo un pezzo qua e uno là, in barba alle edizioni filologicamente corrette e anche piuttosto noiose.

martedì 25 gennaio 2011

Due parole prima di cominciare

Boston (marzo 2006) © PM
Duemila battute – spazi inclusi – per illustrare i testi più disparati e lontani: poesie, romanzi, saggistica, carteggi, memorie di viaggio. Duemila battute. Poche per dire tutto, ma più che sufficienti per farsi una prima opinione, solida e condivisibile, attorno ad un libro di recente pubblicazione. Come avviene per i morsi: il primo non sazia mai, eppure porta con sé tutto il gusto del cibo che si sta iniziando ad assaporare. Perché, allora, “esercizi”? Perché la critica letteraria non è una scienza (questo ci ha insegnato Gianfranco Contini), semmai una disciplina, qualcosa che cresca con il crescere della persona in un imprevedibile intrecciarsi di fattori individuali. Per questo, quando è fatta bene, commuove. I paragrafi di questa rubrica saranno dunque (è inevitabile) immagine e specchio delle esperienze letterarie di chi scrive: delle mie opinioni e delle mie letture, senza troppe pretese di verità ma anche senza tanti timori reverenziali. Legga chi vuole e si confronti, ne trarremo senz’altro qualche cosa di buono. Duemila come gli anni nei quali siamo chiamati a vivere, con uno sguardo che ha iniziato a formarsi moltissimo tempo fa.

Pietro Montorfani